Barcolana 2010

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martedì 13 dicembre 2011

Monti....... Cicio no xe per barca!

Sono oramai migliaia i velisti iscritti al gruppo di “Indignati”, che contesta la nuova imposta sulle barche, che non fa distinzioni tra un vecchio natante del valore di poche migliaia di euro ed una moderna imbarcazione da 1000 cavalli, dal costo di centinaia di migliaia di euro.


La verità è che l’indignazione e il malessere sono tali che quando si tratta di valutare una tassa sulle ricchezze (altrui), tutti diventano incendiari, senza guardare in faccia a nessuno.
Per questo i sondaggi visti in questi giorni approvano con maggioranza bulgara la cosiddetta tassa sul lusso messa a punto dal Governo Monti, che attende ora l’esame delle Camere e che ha nell'imposta sulla nautica una delle voci, creando di fatto l'impressione che tutta l'evasione fiscale si annidi tra vele e sentine, ormeggi e porti.
Eppure, malgrado il Governo sia folto di tecnici a tutti i livelli, proprio questa misura studiata per la nautica da diporto sembra avere poco di tecnico, perché nulla giustifica una tassa di un paio di migliaia di euro l’anno, su imbarcazioni che ne valgono a malapena 10/20 mila, com’è il caso di vecchie imbarcazioni a vela, frutto di passione e risparmi, quando ancora si riusciva a risparmiare qualcosa.
Barche gestite in economia, più come carpentieri autodidatti – gente in grado di riparare, resinare, tagliare, saldare e quant’altro pur di risparmiare qualcosa- che da nababbi in perenne godimento da crociera di lusso, rinfrescati e inebriati da fiumi di Champagne.


C’è casa e casa
E’ come se si fosse deciso di tassare allo stesso modo un appartamento di 50 mq che si trova in una lontana e disadorna periferia della Capitale, con uno delle stesse dimensioni che affaccia invece sulla scalinata di Trinità dei Monti, godendo, magari, di un’impareggiabile vista sui tetti della Città Eterna.
E’ possibile questo? No, e infatti esiste il catasto proprio perché possano essere valutate le rendite di appartamenti disomogenei.
Per la nautica, invece, si è proceduto con una scure lineare, che ha tassato tutto e tutti allo stesso modo: belli e brutti, buoni e cattivi, virtuosi ed evasori, con delle fiscalissime fasce di lunghezza che non tengono conto in alcun modo della sproporzione dei costi all’origine, per esempio tra un super motoscafo da un milione di euro della lunghezza di 10 metri, ed una barca a vela delle stesse dimensioni che ne vale un decimo, e quindi della vetustà delle imbarcazioni. Per essere diretti nell’esempio: una barca tra i 10 ed i 12 metri di lunghezza, tassata di 2 mila e 500 euro costa (nuova) quanto e meno di un’auto di lusso inferiore ai 185 kw, che non è per niente tassata.
Per questo la protesta si è subito organizzata su internet e veleggia ora al ritmo di oltre 4 mila iscritti in poche ore, alla pagina Gli Indignados della Nautica  dove certo si può leggere di tutto, ma dove anche ci si organizza per stilare una normativa alternativa: proposte serie e ragionate, non per evitare il balzello, ma per renderlo digeribile, proprio per le ragioni già descritte, applicando almeno una clausola di vetustà, che riduca la tassa a partire dal 50 %, a seconda dell’età. 
C’è insomma un senso civico da non trascurare in questa protesta, che viene peraltro da una fascia di consumatori abituata a prendere randellate da tutte le parti, a pagare spesso e volentieri servizi e riparazioni in nero, a colpi di "un paio di mila euro" per volta, per non rischiare di dover pagare ancora di più in un mercato con poche e non rispettate regole, che vive di anarchia diffusa. 


Il colpo di grazia all’industria nautica
Il Governo dovrebbe tener conto delle voci degli indignati della nautica, ma soprattutto dovrebbe fare dei giusti calcoli dei costi e dei benefici di questa manovra che finirà per affossare una volta di più un’industria nautica nazionale che ancora non si è ripresa dalle recenti disavventure economiche globali e che con questo nuovo regalo rischia di non rialzarsi per un bel pezzo. 
Quanto costerà in termini di produzione, posti di lavoro, consumi e mancato indotto tutto questo?
E quello al turismo nautico 
E quanto costerà in termini di mancati introiti turistici? Quante barche grandi e lussuose lasceranno il Belpaese per i lidi vicini, meno cari e spesso meglio attrezzati e soprattutto esentasse?  
E come verrà richiesta la tassa al turista straniero ignaro che dà fondo all'ancora nella bella baia ridossata? 
Con le vedette della Finanza e regolare scontrino? 
E come verranno conteggiati i giorni di permanenza nelle acque italiane, con una scatola nera come per gli aerei? 
Con l'eccezione dei canonici 20 giorni in Sardegna, per i grandi yacht, già oggi l'Italia non è una meta turistica privilegiata dagli stranieri e per molti motivi, non ultimo quello dei prezzi dei porti e dei servizi assolutamente fuori mercato rispetto all'Europa. La misura rischia dunque di aggravare ancor più la situazione, con grande soddisfazione degli altri Paesi mediterranei.


Reggono solo i nababbi, addio amate sponde
E d'altro canto la flotta italiana da diporto minore è composta soprattutto da vecchie barche comperate in periodo di vacche grasse e adesso in buona parte in vendita per i triplicati costi di manutenzione, e per questo invendute: una corsa al rincaro cominciata con l'equazione 1Euro = Mille Lire e non ancora finita, che ha sfiancato i piccoli proprietari, armatori, chiamiamoli pure. 
Su piazza resistono solo i nababbi. 
Ma non sono loro la vera nautica di un Paese con oltre 8 mila chilometri di coste ( molte abusivamente cementate e condonate). 
La nautica è molto di più, è anche tutti coloro che come ultima spiaggia- magari in attesa di riuscire a vendere- porteranno la loro barca all’estero, con buona pace delle tasse, dei consumi e della desiderata crescita: alzando le vele della navicella dell’ingegno e lasciandosi alle spalle “Mar si crudele”. 

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